Parigi: monnezza adieu!

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Finalmente due giorni fa, Parigi si è svegliata all’alba con un fragore tipo carrarmati in strada. I miei gatti erano impazziti e nel dormiveglia io neppure mi raccapezzavo in mezzo a tutto quel baccano. In realtà avevano cominciato a raccogliere le montagne di sacchi dell’immondizia che giacevano, a mo’ di barricate, in quasi tutte le strade della città.

Non con dei normali camion della nettezza urbana, bensì con delle gigantesche pale meccaniche che raschiavano il fondo dei marciapiedi, con un rumore da far venire la pelle d’oca.

Alle cinque e mezzo di mattina quindi, abbiamo tutti aperto le finestre e ci siamo affacciati, in tenuta da notte, data l’ora. Le mie dirimpettaie esibivano camicie da notte di seta con pizzo, nonostante facesse un freddo becco, mentre io mi sono affacciata intabarrata in un bel pigiama di flanella perché, a differenza del palazzo di fronte, i miei coinquilini sono tutti ossessionati dal risparmio energetico e da noi si battono i denti. Nonostante la situazione anomala e l’orario insolito, eravamo tutti sorridenti e ci scambiavamo strizzatine d’occhio di complicità da un balcone all’altro, sguardi al cielo da visione mistica (Era ora!), ammiccamenti di gioia e di liberazione che non provavamo da anni. Qualcuno, alla vista di certe signore in tenuta succinta e sexy, ammiccava pure facendo il provolone con la vicina, con discrezione però perché la moglie o il marito erano in agguato.  Insomma, era la scena da fine guerra dove gli alleati irrompono per le strade perché è tutto finito e alla gente euforica è consentita qualsiasi cosa.

E come per occasioni come quelle, nessuno di noi ci credeva veramente a tutta quell’improvvisa pulizia. Sicché ci siamo messi addosso un bel cappotto, molti direttamente sul pigiama, e siamo scesi a vedere se davvero si fosse compiuto il miracolo. Sembravamo l’armata Brancaleone, senza le signore sexy naturalmente, che erano rimaste sui balconi ad intonare la Marsigliese.

I proprietari dei cani sono stati tra i primi a scendere, dato che le bestiole, eccitate da tutto quel rumore, non la trattenevano più e i padroni si sono detti che tanto valeva farli uscire una volta per tutte. E sono stati proprio questi animali a mostrarsi disorientati di fronte al cambiamento del paesaggio: non c’era più un cumulo di spazzatura su cui alzare la zampa e indispettire i cani che sarebbero passati dopo, seminando intriganti effluvi mescolati all’odore della monnezza. I proprietari, come sempre avviene, si immedesimavano nei cani e si affrettavano affinché i propri quadrupedi potessero marcare per primi il territorio, ridisegnando le zone di potere. Dei padroni, naturalmente: i cani in quelle circostanze, pensano solo a liberare la vescica. Certo un po’ gli seccava che avessero ripulito tutto perché ora gli sarebbe toccato raccattare le cacche dei loro amici pelosi, cosa che non avevano fatto durante lo sciopero degli spazzini. Fin li, si erano giustificati dicendosi che tanto il livello di igiene della città non sarebbe peggiorato per una cacca di cane in più, se non fosse che lo sciopero della nettezza urbana è durato più di tre settimane e che, se moltiplicate le cacche per il numero dei cani del quartiere per 25, fa almeno un altro mucchietto di escrementi equiparabile ad un paio di cassonetti.

Le benne dei netturbini procedevano intanto con estrema lentezza, data la quantità di pattume e, consci del loro potere in quel momento (sapevano di averci in pugno), gli operatori si concedevano pure degli scherzetti, tipo lanciare qualche sacco lacerato di pannoloni usati sui parabrezza o graffiare con le ramazze le macchine parcheggiate, sotto gli occhi esterrefatti dei proprietari, che però si guardavano bene dal protestare. Sarebbe bastato un niente, una fronte corrugata in segno di disapputo e quelli, i netturbini, avrebbero potuto rovesciare di nuovo tutta l’immondizia per strada.

In fondo, era una strisciata in cambio di una città nuovamente pulita e, si sa, i francesi hanno un forte senso civico, tranne quando decidono di fare la rivoluzione.

I più scocciati erano i portieri degli immobili che, a parte dedicarsi alle composizioni di enormi discariche artistiche durante gli scioperi, avevano perso l’abitudine di portare fuori le poubelles (i cassonetti) dei rispettivi palazzi e poi a ritirarli e lavarli (il merito della pulizia e dell’ordine in questa città va tutto a loro). Però hanno ripreso subito la mano e nel quartiere si è immediatamente riaccesa la gara, nonché le scommesse,  tra chi avrebbe esibito i cassonetti più ordinati e lucenti.

Perché camuffare i propri rifiuti in questa città è un’arte e Parigi ne va fiera, memore che in fondo, storpiando il latino, munda poubella semper pulchra est!

About Ladonna del Monte

Pigra, con un buon senso dell'umorismo. Se proprio devo darmi da fare, leggo o cucino.
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