IN CASO D’INFORTUNIO

Qualche settimana fa, ho avuto un infortunio: cadendo stupidamente su un marciapiede, mi sono fratturata la tibia, proprio sotto al ginocchio. A parte il dolore cane sul momento e pure dopo, la cosa si è rivelata molto più complessa e rognosa di quanto pensassi. Anche perché io ho pure un’età e, per quanto cerchi di nasconderla soprattutto a me stessa, in queste circostanze lei si dichiara senza che io possa farci niente. Certo la faccia contratta dalla sofferenza non ringiovanisce nessuno e le creme lifting-24 ore si smagnetizzano non appena ti lasci andare ad una sana smorfia di dolore.

Mentre ero sdraiata per terra perché avevo male pure a respirare, alcuni passanti volevano portarmi subito ad un centro medico annesso ad una casa di riposo. È vero, era il centro medico più vicino ma io, non appena ho realizzato, con un crampo bestiale agli addominali, ho fatto una torsione dolorosissima e mi sono seduta eroicamente sul marciapiede, fingendomi miracolata e insistendo che, forse, un comune pronto soccorso andava ancora bene.

Al pronto soccorso, mi spediscono in sala raggi dove leggo, con orrore, che il primario radiologo è il padre di un carissimo amico di mio figlio. Con orrore, perché mi viene in mente che proprio quel giorno sarei dovuta andare a fare la ceretta e invece non avevo fatto in tempo! Conoscere quell’uomo in quella circostanza e per di più con i peli era una cosa assolutamente da evitare. Mi guardo intorno e, inchiodata alla barella, cerco con lo sguardo un’infermiera e finalmente riesco a chiamarne una. Quando questa si avvicina, confidando su una certa complicità femminile, le chiedo a bassa voce se per caso può portarmi una lametta da barba. Lei mi fissa e senza dire niente si allontana, per essere rimpiazzata subito dopo da un medico con la faccia allampanata, la classica faccia di chi a che fare con gli squilibrati, che mi domanda con discrezione se sto bene, se mi sento depressa e se ho bisogno di qualcosa. Una lametta… vorrei dirgli, ma so che non è aria. Rifiuto la pillolina che il medico vorrebbe darmi. Comunque, finalmente entro in sala raggi, dove c’è invece una dottoressa che mi gira e mi rigira senza curarsi della peluria e nemmeno tanto del mio trauma. Il padre del ragazzo per fortuna è altrove. Il responso è quello che vi ho detto: frattura della tibia aggravata dall’osteoporosi dell’età… Il colpo più duro alla mia vanità.

Rientro a casa in pompa magna, su una sedia a rotelle, con un tutore rigido e un paio di stampelle, non senza essere passata prima in farmacia a comprare integratori per la calcificazione, per l’elasticità dei tendini e, già che c’ero, un po’ di collagene e acido ialuronico per le articolazioni (bugia).

Inizio subito a fare i conti con l’assoluta mancanza di autonomia. Devo stare a riposo il più possibile ma decido di voler gestire da sola i miei momenti di intimità. Vietato chiudersi a chiave, comunque, non sia mai si verifichi un nuovo incidente (e che sfiga, penso!) e i miei sorveglianti non possano soccorrermi. Così imparo subito a trascinarmi in bagno sulle stampelle, ignorando che esse sono oggetti dotati di vita propria e che cadono ogni qual volta che tu le appoggi al muro con un fracasso infernale.  A quel punto, tutti quelli che sono in casa accorrono, credendo che tu ti sia sfracellata a terra e aprono la porta del bagno, in preda all’ansia, senza bussare…

Ma la cosa più drammatica è la doccia o il bagno.

Da quando abbiamo la mania della casa minimalista, facciamo a meno o riduciamo al minimo i porta-asciugamani o i ganci per gli accappatoi, quando invece, in questa occasione, una parete attrezzata per le scalate sarebbe stata perfetta. Ho litigato anni per tenere il bidet che in Francia è superfluo, figuriamoci come avrebbe impattato sul nostro equilibrio coniugale l’aggiunta di ammennicoli nel nostro bagno. Invece questo luogo è spoglio, a parte una mini piscina d’acqua nella vasca per far bere i gatti, attrezzo non poco ingombrante che leviamo e rimettiamo ogniqualvolta dobbiamo farci una doccia o un bagno. Si, i nostri gatti si rifiutano di bere nella ciotola in cucina e preferiscono saltare nella vasca e dissetarsi a volontà. Questo comporta che dobbiamo tenere sempre aperta la porta del bagno altrimenti loro si arrabbiano e ci distruggono casa. I nostri gatti, l’avrete capito, ci comandano a bacchetta.

Garibalda controlla che nella vasca ci sia la sua piscina

E comunque, per tornare al bagno minimalista, non c’è mai un appiglio per tenersi, un bel maniglione per aggrapparsi che nel mio caso sarebbe tanto utile però si sa, il maniglione è antiestetico, per non dire da vecchi, quindi devo arrangiarmi.

La prima volta che ho annunciato che mi sarei fatta un bagno caldo invece che una rapida doccia, senza l’aiuto di nessuno, a casa mia c’è stato il panico. Tutti a descrivere scenari terribili, una scivolata, il rumore sordo della testa contro la rubinetteria, la commozione cerebrale, l’altra gamba in mille pezzi… Dopo aver azzittito gli uccelli del malaugurio, comincio a sistemare tatticamente tutti gli attrezzi a disposizione, sedia a rotelle, stampelle e sgabelli vari, accappatoio, asciugamano per i piedi, asciugamano per la testa, mentre in sottofondo mio marito continuava a dirmi che era una follia. Ad un tratto lo vedo che messaggia con qualcuno.

A chi scrivi? – gli chiedo

Mi accerto che il portiere sia nei paraggi – risponde serissimo. Da bravo ingegnere, è un uomo previdente, magari sta già progettando una gru fatta in casa per ripescarmi sul fondo della vasca. E invece…

A cosa ti serve il portiere?

Nel caso tu abbia un incidente nella vasca.

Vorresti chiamare il portiere per farti aiutare a tirarmi su dalla vasca?

Da solo non ce la farei. In più lui ha un sacco di amici nel quartiere, nel caso

Nel caso cosa? Non ce la faceste in due a tirarmi fuori dall’acqua? Mica sono l’orca marina di Free Willy! Ma secondo te, posso IO farmi vedere nuda e magari pure infortunata a tutti i portieri del vicinato?

Tu non te ne accorgeresti perché saresti svenuta e non ti renderesti conto di niente. Ti ritroveresti nel tuo letto coccolata, asciugata e vestita…

“E magari le mie foto girerebbero subito dopo sui siti… per amatori del genere: attempate e fratturate!

Lo guardo con odio. È vero, stando ferma avrò preso un paio di chili ma da lì a pensare che, per sollevarmi, occorrano tutti i portieri portoghesi del quartiere… è da infami.

In tutta risposta, mi sono chiusa a chiave, con la speranza di rendere difficoltosa ogni eventuale irruzione di estranei e, dopo varie acrobazie, mi sono goduta un magnifico bagno, circondata da bottiglie e bottigliette di shampoo, balsamo, creme e l’immancabile candela al gelsomino.

Nei momenti in cui chiudevo l’acqua per qualche minuto (mi sono scialata con ettolitri d’acqua come le cascate del Niagara, mi perdonino gli ecologisti e quello zozzone di Brad Pit), sentivo il suono dei messaggi proprio dietro la porta del bagno. Il mio consorte doveva essersi seduto là dietro, in attesa dello schianto, per poi potermi dire: te l’avevo detto.

Invece sono stata bravissima: come un polpo che se la svigna da un acquario, sono uscita dalla vasca attaccandomi alle mattonelle con invisibili ventose e aggrappandomi a lembi dell’accappatoio appeso all’unico gancio sopravvissuto alla logica minimalista della casa finto-giapponese. Queste manovre da octopus mi hanno permesso di sedermi sul bordo senza danni collaterali. Da lì è stato un attimo. Si fa per dire. Intanto, muoversi con una gamba immobilizzata a 90 gradi vuol dire fare la donna-compasso e calcolare sempre un raggio di rotazione di circa un metro e mezzo (secondo le equazioni esponenziali di mio marito), praticamente la larghezza del mio bagno. Poi, una volta in secca, asciugati, metti il tutore, togli il tutore perché altrimenti è impossibile vestirsi, rimetti il tutore, allontana gli sgabelli, riavvicina gli sgabelli… un bagno di sudore! Finalmente riguadagno la posizione verticale grazie alle grucce e apro la porta. Mio marito è contento dopo tutto ma, conoscendolo, un po’ deluso per non aver potuto provare la macchina dei soccorsi studiata nei minimi dettagli insieme con i suoi compari portoghesi. Ai suoi piedi, fuori della porta del bagno, ci sono anche i nostri due gatti, venuti ad assistere alle eventuali operazioni di salvataggio (i nostri gatti adorano impicciarsi quando succede qualcosa in casa), ma soprattutto impazienti di verificare che la loro riserva d’acqua sia di nuovo al suo posto. Mi passano accanto e mi annusano con aria di disgusto: sono troppo pulita e profumata per loro che invece preferiscono l’odore di moffetta che avevo prima del lavacro.  Mio marito, lo schiavo N.1 nella gerarchia della schiavitù dei nostri felini, interviene immediatamente per ripristinare la vasca con acqua pulita e fresca.

Mazzini, il re degli asciugamani

Il bagno è una baraonda ma, per una volta, me ne frego e mi dirigo zoppicando verso il divano davanti a Mad Men, dove si concentra tutto il mio regno domestico da quando sono caduta. Non mi resta che farmi coccolare e riverire, unico vero privilegio… in caso d’infortunio.

About Ladonna del Monte

Pigra, con un buon senso dell'umorismo. Se proprio devo darmi da fare, leggo o cucino.
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